Eredità di armi: i rischi per gli eredi
- Giulio Magnani
- 26 mar 2022
- Tempo di lettura: 7 min
Una consuetudine tanto diffusa al punto di essere quasi divenuta prassi è quella relativa al trasferimento di armi per eredità in successioni nelle quali vi siano più eredi e/o chiamati all'eredità, consistente nella richiesta da parte dell'ufficio di una dichiarazione da parte di tutti o alcuni coeredi o chiamati all'eredità con la quale rinunciano alle armi in favore dell'erede (o del terzo) che ne acquisisce il possesso. Tale prassi comporta numerose complicazioni in termini pratici e di diritto, evidentemente senza consapevolezza né da parte dei funzionari né da parte dei cittadini interessati, in particolare quando nell'eredità emergano in un secondo momento dei debiti prima sconosciuti agli eredi.
Esempio pratico: due cugini sono chiamati all'eredità di uno zio. Nell'eredità oltre ad altri beni ci sono delle armi ed entrambi decidono di farle rottamare perché non sono interessati. Poco tempo dopo emerge che lo zio aveva un debito con l'Agenzia delle Entrate di importo molto superiore al valore degli altri beni in successione, ma, visto che nessuno dei due aveva ancora accettato formalmente l'eredità, entrambi si sentono tranquilli... e invece no, ciò che hanno fatto con le armi in successione può costargli carissimo.
N.B.: l'argomento è tecnico, complesso ed articolato. Si è cercato il più possibile di rappresentarlo con un linguaggio semplificato di modo da poter essere, nei limiti del possibile, comprensibile ai più.
Armi e munizioni sono beni mobili come gli altri
Bisogna prima di tutto specificare un concetto poco chiaro: le armi, le munizioni e gli esplodenti sono beni mobili come qualsiasi altro e seguono in tutto e per tutto la disciplina dei beni mobili secondo il nostro diritto civile. Il fatto che l'acquisizione, la detenzione e l'uso siano regolati da leggi speciali non ne delinea un trattamento particolare sotto tutti gli altri aspetti, ad esempio quelli relativi al diritto di proprietà. Nelle successioni quindi seguiranno esattamente le stesse regole stabilite per i beni mobili ed i valori, motivo per cui in presenza di più coeredi dovranno rientrare nella divisione ed il loro valore dovrà essere computato nelle parti da attribuire (ovviamente questo incide maggiormente in caso di armi o collezioni di notevole valore economico).
"Eredi" e "chiamati all'eredità"
Poiché inoltre quando si affrontano questi argomenti ci si riferisce genericamente agli "eredi", bisogna invece distinguere due differenti qualificazioni [1]:
i chiamati all'eredità sono coloro che, come dice il nome, sono designati dalla legge o da una disposizione testamentaria a succedere al defunto e che non hanno ancora accettato;
gli eredi sono coloro che hanno accettato l'eredità e che quindi si sostituiscono a tutti gli effetti al defunto.
La differenza è sostanziale, perché i chiamati all'eredità hanno a disposizione dieci anni per decidere se accettare o meno [2] ed una volta che l'eredità è stata accettata non è più possibile tornare indietro. L'accettazione, che può essere espressa o tacita [3], comporta la confusione dei patrimoni ed il subentro degli eredi nei rapporti giuridici del defunto: in sostanza i beni del defunto diventano di proprietà degli eredi. Lo stesso avviene però per i debiti: ogni erede risponde, anche col proprio patrimonio (che è divenuto un tutt'uno con quello che costituisce l'eredità), dei debiti del defunto.
L'accettazione dell'eredità è irrevocabile
Fatto salvo il caso dell'accettazione con beneficio di inventario [4], una volta che si viene qualificati come eredi non si può più tornare indietro. Ciò significa che se nell'eredità accettata vi fossero dei debiti, anche sconosciuti ai chiamati all'eredità, gli eredi non possono più sottrarsi al loro pagamento e ne rispondono anche coi loro patrimoni personali. Come diceva il brocardo latino: semel heres, semper heres ("una volta erede, per sempre erede"). E' questo il motivo per cui i chiamati all'eredità devono essere sicuri che l'accettazione dell'eredità non costituisca più un danno che un beneficio.
L'accettazione tacita dell'eredità
L'accettazione c.d. "tacita" è quella che deriva, anche inconsapevolmente, da un qualsiasi atto compiuto dal chiamato all'eredità e che questi non avrebbe avuto diritto di compiere se non nella sua qualità di erede vero e proprio [3]. In tal caso quindi la legge perfeziona automaticamente la sua qualificazione e interpreta tale atto come la manifestazione della volontà di accettare. E, si ricorda, una volta eredi non si torna più indietro.
Riguardo alle armi, la domanda che bisogna porsi è: quali atti dei chiamati all'eredità possono comportare una irrimediabile accettazione tacita? La risposta più semplice: tutti quelli che potrebbe compiere solo il proprietario dell'arma, come ad esempio l'alienazione (cessione definitiva a qualsiasi titolo), il versamento per la rottamazione, la disattivazione...
La mera detenzione invece non rientra tra questi atti, posto che entro certi limiti [5] è un diritto dei chiamati all'eredità quello di mantenere il possesso (concetto comunque diverso dalla detenzione [6]) dei beni caduti in successione. La denuncia di detenzione inoltre non comprova la proprietà delle armi [7], ma risponde unicamente ad un obbligo imposto dalle leggi di Pubblica Sicurezza.
Le prassi pericolose imposte dagli uffici di PS
Come molti hanno verificato in prima persona, quando in una successione con più eredi/chiamati all'eredità vi sono delle armi gli uffici richiedono (o spesso impongono) una serie di atti a loro dire "necessari" alla regolarizzazione delle armi... che però, come immaginabile, possono avere differenti "effetti collaterali"!
I più frequenti sono:
la sottoscrizione di una rinuncia (o di una avvenuta rinuncia) alle armi in favore di un coerede;
la sottoscrizione di una dichiarazione di consenso alla cessione ad un soggetto terzo;
la sottoscrizione del consenso al versamento per la rottamazione o all'avvio delle procedure di disattivazione.
Tutti questi atti, come visto, producono l'effetto di trasformare irrevocabilmente il chiamato all'eredità che li sottoscrive in un erede vero e proprio ed in un caso particolare costituiscono anche illecito penale.
La rinuncia parziale o condizionata
La rinuncia all'eredità segue delle regole molto rigide [8] e, se non conforme alla legge, nel migliore dei casi è nulla e nei peggiori può comportare effetti diametralmente opposti a quelli nelle intenzioni di chi voleva rinunciare, costituendo quindi un atto di accettazione. La rinuncia infatti:
deve essere espressa nelle modalità stabilite dalla legge (atto pubblico o dichiarazione al cancelliere del tribunale);
non può essere parziale (si può rinunciare solo all'eredità intera, non è consentito rinunciare a singoli beni);
non può essere condizionata o dietro corrispettivo (viene sostanzialmente equiparata ad una compravendita);
non può essere in favore di una persona determinata (l'eredità rinunciata viene attribuita per legge a chi ne ha diritto in subordine).
E' di tutta evidenza, innanzi tutto, che le rinunce richieste dai funzionari di PS non rispettano minimamente le formalità imposte dalla legge e sono pertanto tutte nulle a priori. Non hanno quindi alcun valore di rinuncia e chiunque vi abbia interesse può farne valere la nullità (compreso chi le ha sottoscritte!).
Trattandosi poi di rinunce parziali (perché riguardanti solo determinati beni del defunto) e spesso in favore di persone determinate (nei casi in cui sia anche specificata la persona a cui dovrebbero essere attribuite le armi) comportano per legge l'accettazione dell'eredità [9]. E si badi bene: essendo nullo l'effetto di rinuncia ma costituendo atto di accettazione, tra i beni accettati vi sono anche le armi a cui il malcapitato intendeva rinunciare (!).
La dichiarazione di avvenuta rinuncia
Si tratta qui di una "variante" alla dichiarazione di cui al paragrafo precedente: la dichiarazione non di rinunciare, ma di aver rinunciato alle armi. Potrebbe sembrare una sfumatura insignificante, ma la differenza è sostanziale: non si sta compiendo un atto (per quanto nullo), ma si sta dichiarando di averlo già compiuto. Il che significa che se però l'atto non è stato già veramente compiuto... la dichiarazione è falsa, con tutte le conseguenze che ne derivano anche sotto il profilo penale [10].
La cessione a terzi o l'assenso alla cessione a terzi
Si tratta di un atto di alienazione vero e proprio e, in quanto tale, rientra tra gli atti che costituiscono accettazione tacita dell'eredità. A rigor di norma, non essendo richiesta una forma particolare per la cessione delle armi, l'effetto prodotto è valido (ma solo nel limite della quota di proprietà dell'erede [11]). Non fa alcuna differenza che la cessione sia a titolo oneroso (vendita) o gratuito (donazione).
Il versamento per la rottamazione o per la disattivazione
Rientrano anche questi tra gli atti che comportano accettazione tacita ma inoltre espongono ad ulteriori rischi poiché i beni vengono distrutti o irrimediabilmente compromessi: si pensi al danno irreversibile che può causare ad un eventuale erede sopraggiunto [12] l'aver mandato a rottamare o l'aver fatto disattivare armi di notevole valore storico/collezionistico/affettivo/economico.
Competenze e responsabilità degli uffici di PS
Il problema a monte di tutto ciò è che i funzionari di PS spesso non si rendono conto di agire oltre i limiti delle loro competenze e prerogative. L'Autorità di PS, infatti, non ha alcun ruolo nella definizione delle attribuzioni dei beni in successione (armi incluse), ma deve limitarsi a verificare che chi detiene le armi in successione, anche provvisoriamente, garantisca la corretta custodia nell'interesse della Sicurezza Pubblica. Punto. Non deve interessare loro di chi effettivamente siano, chi possa eventualmente rivendicare diritti, se chi le detiene sia un erede o un terzo appositamente designato dagli stessi... sono questioni che riguardano solo ed esclusivamente gli eredi (o i legatari) e che, in caso di discussione, è il tribunale civile a dover dirimere.
Si consideri inoltre che gli stessi funzionari non si assumono mai la responsabilità per gli atti che richiedono o impongono ai cittadini: in nessun caso risulterà che vi siano state pressioni dall'ufficio e qualsiasi atto sottoscritto dai chiamati all'eredità/eredi risulterà derivare solo ed esclusivamente dalla loro volontà [13].
Si sottolinea in ogni caso che voler imporre questo genere di procedure costituisce un abuso d'ufficio [14] e, qualora venga ostacolata la regolarizzazione di armi rifiutandosi di ricevere la denuncia di rinvenimento e/o di detenzione, si può configurare un rifiuto di atti d'ufficio [15].
Come tutelarsi?
Qualora le armi che devono essere regolarizzate provengano da una successione di cui non si conoscono tutti gli aspetti (soprattutto quelli debitori) e non si è ancora deciso se accettare o meno l'eredità, la soluzione alternativa alle dichiarazioni di rinuncia o cessione a coeredi/terzi potrebbe quindi essere quella di rilasciare una dichiarazione di mero consenso alla temporanea presa in carico da parte di un coerede o di un terzo designato da uno o più dei coeredi stessi, sempre tenendo conto che l'Autorità di PS, nell'autorizzare o nel prendere semplicemente atto che un coerede o un terzo divenga detentore di armi ricadenti in una successione, certamente non ne conferisce la proprietà ad alcuno.
Un ulteriore suggerimento che può essere dato a chi detiene armi (e non voglia lasciare complicazioni ai suoi eredi) è di destinarle a suo piacimento mediante disposizioni testamentarie redatte chiaramente e conformemente alla legge. Perché anche le armi, come qualsiasi bene mobile, possono essere lasciate per via testamentaria [16].
[1] si tralascia la qualificazione del legatario (art. 649 CC e successivi), poiché per definizione non comporta problemi di attribuzione
[2] art. 480 CC
[3] art. 476 CC
[4] art. 484 CC
[5] per i chiamati all'eredità nel possesso dei beni si veda l'art. 485 CC
[6] si presti attenzione alla differenza tra proprietà, possesso e detenzione
[7] a differenza di quanto comunemente si crede, le armi detenute da un soggetto possono essere legittimamente di proprietà di terzi (è il caso ad es. di armi concesse in locazione o comodato)
[8] art. 519 CC e successivi
[9] art. 520 CC
[10] art. 76 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
[11] si tralascia di approfondire, poiché si tratta di argomento ulteriormente complesso
[12] può essere il caso di un discendente non noto al momento dell'eredità o di un erede designato da una scrittura testamentaria rinvenuta in un secondo momento
[13] analogamente a quanto accade, a titolo di esempio, per le denunce di detenzione delle armi
[14] art. 323 CP
[15] art. 328 CP
[16] salvo casi molto particolari costituiscono in genere un legato
Commenti